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In primo pianoCase Green, ultimo atto in Ue. Schifone: «Nuovo europarlamento cancelli eurofollie»

Case Green, ultimo atto in Ue. Schifone: «Nuovo europarlamento cancelli eurofollie»

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Una direttiva fortemente ideologica, senza contatto con la realtà

Nei giorni scorsi è andato in onda quello che dovrebbe essere l’ultimo atto di un’eurofollia, la cosiddetta direttiva Case Green che ha ricevuto l’ok definitivo dall’Ecofin. L’Italia ha votato contro, insieme all’Ungheria, ma la legge è passata a maggioranza qualificata, con l’astensione di altri cinque Paesi (Svezia, Croazia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia), non abbastanza per invertire gli equilibri. Ora bisognerà attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale poi, essendo una direttiva e non un regolamento, toccherà agli Stati membri dell’Unione Europea tradurla in ordinamento nazionale.

Cosa prevede la direttiva Case Green

Nelle ambizioni delle nuove norme della direttiva Case Green per il 2030 tutti i nuovi edifici dovrebbero essere a emissioni zero (2028 per gli edifici pubblici), mentre entro il 2050 dovrebbe esserlo l’intero patrimonio edilizio Ue. I singoli Paesi dovranno presentare a Bruxelles un piano nazionale di ristrutturazione: una tabella di marcia su come intendono centrare gli obiettivi. L’idea è che almeno il 16% degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035.

Gli Stati potranno scegliere di applicare esenzioni per gli edifici storici, agricoli, militari o temporanei. L’obbligo di installare i pannelli solari riguarderà solo i nuovi edifici pubblici, e sarà comunque progressivo. Gli Stati avranno poi tempo fino al 2040 per dire addio alle vecchie caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 dovranno terminare i sussidi per le caldaie autonome.

Case Green, un cappio al collo per i piccoli proprietari immobiliari

«La direttiva Case Green è frutto di una visione ideologica, senza collegamento con la realtà e il tessuto sociale. In Italia, a differenza dei Paesi del Nord Europa, tantissime persone sono proprietarie della casa in cui abitano e gli edifici sono o di rilevanza storica o comunque di costruzione pluridecennale» afferma Luciano Schifone, presidente di Federproprietà Napoli.

A livello Paese ci sono, infatti, 31 milioni di fabbricati di cui oltre il 70% che ha più di 70 anni e una proprietà diffusa con oltre l’80% degli italiani che sono proprietari di immobili.

«Il mattone è sempre stata la prima forma d’investimento in Italia – continua Schifone – e la maggior parte dei piccoli proprietari immobiliari non sono in grado di pagare costose ristrutturazioni da decine e decine di migliaia di euro. Ristrutturazioni che, oltretutto, porteranno un risparmio risibile di CO2 se paragonato al mondo intero (si parla di cifre nell’ordine dello 0,1%). Chi pagherà tutte queste spese? L’Italia ha già avuto la pessima esperienza del Superbonus 110 e le casse dello Stato non possono permettersi altri esborsi così onerosi. Pagherà l’Unione Europea?»

«La speranza – conclude – è che dopo le elezioni di giugno il nuovo Europarlamento, con una maggioranza politica ben diversa, metta fine a una politica ideologizzata e inizi a fare i conti con la realtà. Ambientalismo sì ma con intelligenza, senza cappi al collo per i piccoli proprietari immobiliari»

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