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Imposta di registro in misura proporzionale se l’efficacia della sentenza dipende dagli eredi

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La sentenza di scioglimento di una comunione ereditaria con la quale si assegna un immobile a un coerede sconta l’imposta di registro in misura proporzionale anche se l’intestazione e la trascrizione del bene in favore dell’assegnatario sono subordinate alla prova del pagamento del conguaglio divisionale.

È il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 12462 del 12 maggio 2021.

È stata, quindi, negata la tesi dei contribuenti, secondo i quali la sentenza doveva essere registrata con il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa per effetto di quanto disposto dall’articolo 27 del testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986).

Prima di esaminare la vicenda concreta occorre premettere che questa disposizione disciplina l’applicazione dell’imposta di registro degli atti sottoposti a condizione sospensiva, ovvero degli atti i cui effetti sono sospesi sino al verificarsi di un evento futuro e incerto (articolo 1353 cc).

In particolare, la norma citata dispone che:

  • gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa (primo comma)
  • quando si verifica la condizione, si riscuote la differenza tra l’imposta dovuta e quella già versata in sede di registrazione (secondo comma)
  • gli atti sottoposti a condizione sospensiva che ne fa dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva (terzo comma).

Nel caso esaminato l’ufficio aveva richiesto la tassazione in misura proporzionale in relazione a una sentenza avente ad oggetto una divisione ereditaria. Con la sentenza era stata attribuita la piena proprietà di un immobile a due coeredi, con l’obbligo, a carico di questi ultimi, di versare un conguaglio in denaro a favore degli altri tre condividenti.

L’intestazione dell’immobile a favore degli assegnatari e la relativa trascrizione nei pubblici registri immobiliari erano state condizionate all’esibizione, al Conservatore, della ricevuta attestante il pagamento del conguaglio. Questa particolarità aveva indotto le parti a ritenere corretto il pagamento del tributo in misura fissa, sul presupposto che si trattasse di un trasferimento soggetto a condizione sospensiva.

La tesi delle parti è stata accolta sia in primo che in secondo grado (Ctr Lazio, sentenza n. 228/2017). In sede di ricorso per cassazione l’ufficio ha sostenuto che, nel caso specifico, dovesse applicarsi il terzo comma del citato articolo 27 del Tur, con conseguente pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale. Ciò in quanto la condizione apposta al trasferimento doveva essere qualificata come condizione meramente potestativa, ovvero come quella condizione il cui verificarsi o meno dipende dal mero arbitrio della parte.

La Corte di cassazione ha accolto la tesi dell’ufficio richiamando, in motivazione, la precedente sentenza n. 23043/2016 dello stesso Collegio, con la quale si era già affermato che «In tema di imposta di registro, la sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, atteso che l’adempimento di tale prestazione, con cui si persegue l’obiettivo di perequare il valore delle rispettive quote, non ne costituisce condizione di efficacia».

Anche la pronuncia del 2016 aveva ritenuto fondata, in un caso del tutto analogo, la tesi dell’ufficio, in base alla quale il pagamento del conguaglio da parte dei condividenti dipende dalla loro mera volontà di adempiere e, pertanto, deve considerarsi quale condizione meramente potestativa, soggetta alla disciplina di cui al terzo comma dell’articolo 27 del Tur.

In conclusione, i giudici hanno accolto la tesi sostenuta dall’amministrazione finanziaria, evidenziando che il pagamento del conguaglio posto a carico degli eredi ai quali viene assegnato il bene, non costituisce una condizione di efficacia della sentenza, ma rappresenta soltanto uno strumento con il quale si garantisce che ciascun condividente riceva, in sede di divisione, beni aventi un valore corrispondente a quello della propria quota di diritto.

FONTE: FISCOOGGI.IT

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