Una «mazzata» per i proprietari immobiliari completamente inutile
A Bruxelles è chiamata direttiva Energy performance of building directive (Epbd). In italiano si potrebbe tradurre come direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifìci. Da quasi tutti è conosciuta come direttiva «casa green». Nei fatti è l’ennesima batosta mascherata sulle famiglie e sui proprietari immobiliari.
Secondo questa direttiva casa green, come già spiegato più volte da Federproprietà Napoli, tutti gli edifici residenziali dovranno essere rinnovati e portati in classe energetica D entro il primo gennaio 2033, per gli edifici pubblici e commerciali, invece, la data di scadenza è fissata nel 2030. L’obiettivo è ridurre i consumi e di conseguenza le emissioni di CO2 legate agli edifici. Una battaglia ecologista che, senza analizzare nel dettaglio la situazione ma con una visione superficiale, potrebbe anche essere giusta, ma viene resa odiosa e sbagliata da come gli euroburocrati la vogliono vincere.
Nel Belpaese, «nel 2021 ben il 34% degli immobili era in classe G, il 24% in classe F e il 16% in classe E. Circa il 75% degli edifici residenziali, pari a oltre 9 milioni di strutture, dovrebbe dunque salire in classe energetica D entro il 2033» spiega Sergio Giraldo in un articolo per «La Verità». Un’operazione mastodontica che solo in Italia comporterebbe una spesa intorno ai 1.400 miliardi di euro. Con un anno di Pil si potrebbe ridurre il consumo energetico degli edifici di circa il 40%.
Casa green, le emissioni di CO2
«Riguardo alle emissioni di CO2 – spiega il giornale nell’articolo sulla direttiva casa green -, i dati del Global carbon project (Global Carbon Budget 2022), che calcola le emissioni mondiali antropogeniche di CO2, cioè quelle generate dalle attività umane. Secondo il Gcb, nel 2022 l’Ue è stata responsabile del 7,5% delle emissioni antropogeniche mondiali di CO2, cioè 2,8 miliardi di tonnellate su un totale di circa 37,5. Il settore dell’edilizia nel complesso è responsabile del 36% di tutte le emissioni di CO2».
Le emissioni «operative rappresentano il 25%, mentre il restante 11% proviene dalle emissioni cosiddette incorporate, cioè quelle legate ai materiali e ai processi di costruzione e demolizione. L’Italia emette in totale (dato Ispra, stima 2021) poco più di 410 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, pari all’1,1% di quelle mondiali. Applicando le percentuali, la riduzione delle emissioni operative in Italia sarebbe di 41 milioni tonnellate all’anno, pari allo 0,11% delle emissioni globali».
«La Cina, da sola, emette 11, 4 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Il grande Paese asiatico con le sue centrali a carbone emette annualmente quasi 5 miliardi di tonnellate di CO2. Il totale delle emissioni italiane rappresenta il 9% di quelle derivanti dalle centrali termoelettriche a carbone cinesi. Le emissioni operative degli edifici italiani che verrebbero abbattute dall’operazione di efficientamento imposta dalla direttiva Epbd rappresenterebbero lo 0,88% di tali emissioni».
Lo stesso «effetto di riduzione delle emissioni si avrebbe chiudendo centrali a carbone cinesi per circa 9.000 Mw. Se sembra tanto, si tenga conto che nel solo 2021 la Cina ha installato 179.080 Mw di nuova potenza (dato ufficiale del China electricity council), tra rinnovabile, nucleare, gas e carbone, cioè 20 volte tanto. I 9.000 Mw di potenza equivalgono a sei centrali da 1.500 Mw» scrive Giraldo.
Casa green, obbligo sbagliato. Meglio adeguamento incentivato
In pratica per l’Italia la direttiva casa green sarebbe una batosta da 1.400 miliardi che di certo non risolverebbe, anzi, il problema. Non lo scalfirebbe nemmeno. Eppure si vuol mettere un obbligo decisamente sbagliato. Il rischio è che dal 2033 tutti gli edifici, tranne qualcuno appartenenti alle categorie escluse, non efficientati vengano posti fuori mercato e non possano né essere affittati né venduti.
Una quantità enorme di stabili, nel nostro Paese rischiano di restare in disuso e tantissime famiglie senza casa. Ma davvero è giusto così? Non era meglio passare dall’obbligo all’adeguamento incentivato come chiesto più volte dal presidente di Federproprietà Napoli Luciano Schifone?
Nel frattempo però la direttiva «casa green» sta già facendo vedere i suoi potenziali danni e il divario di valore tra i nuovi (o ristrutturati) e vecchi immobili sta aumentando. Gli edifici non efficientati, infatti, si stanno già deprezzando e molti proprietari immobiliari non sono in grado di sostenere da soli gli enormi costi per svolgere i lavori necessari. Ma davvero tutto ciò è giusto? Non sarebbe meglio trovare una nuova strategia più efficace per difendere l’ambiente senza massacrare i proprietari immobiliari? Puntando ad esempio su incentivi piuttosto che obblighi e principalmente su una radicale implementazione del verde urbano eliminatore di Co2 e quindi vero purificatore ecologico.
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